Nelle tavole imbandite del Natale non può mancare la frutta, almeno per rinfrescare lo stomaco surriscaldato da abbuffate e generose libagioni: ma bando all’esotico ananasso, gonfio come altri frutti tropicali (banane, mango) di sostanze chimiche.
Largo quindi alla nostra frutta antica: mele gelate, tinelle, verdoline, zitelle (foto), pere “coccia d’asine”, sorbe e giuggiole, “cachini” e fichi secchi, uva “appesa” e noci nostrane. Il Parco nazionale della Majella ha censito nel nostro territorio ben 7 varietà locali di mela e 5 di pera, quasi tutte nella provncia di Chieti.
Scelgo la mela gelata, fredda e ghiacciata, che riesce a trasformare un difetto, una malattia, in pregevole gusto : ebbene, la marezzatura della polpa della mela gelata, simile a ghiaccio succoso e dolce, è dovuta ad uno scompenso metabolico che si accentua nelle zone più fredde; le migliori sono quelle di Bocca di Valle che reagiscono alle avverse condizioni ambientali con profumi e succhi ineguagliabili, da addentare.
E poi d’inverno c’è la zucca gialla, la “checucce”, ingiustamente considerata nel passato buona solo a riempire la pancia, poco nutriente, tanto che si diceva che “sangue nen tè, sangue ne mette e fije nen fa fà” (non ha sangue, non lo mette e non fa fare figli).
Per lo più veniva data come alimento ai porci ed alle mucche o quella a fiasco, opportunamente svuotata ed essiccata, si usava come contenitore. Oggi la “checùcce” è stata rivalutata dal punto di vista nutrizionale ed è ritenuta un buon ingrediente della nostra cucina: povera di calorie, ricca di vitamine e sali minerali, molto digeribile, può essere utilizzata dagli antipasti al dolce. Ha belle forme, da soddisfazione a chi la coltiva ingrossando a vista d’occhio, dura per tutto l’inverno, l’unico difetto che ha è che la sacrifichiamo ad Halloween, senza gusto e senza fantasia!
New! La cucina della Maiella sarà presente a Guardiagrele, nei giorni del 21, 22 e 23 dicembre, in occasione dell’iniziativa Artigianato e sapori, mostra mercato e degustazione dei prodotti tipici abruzzesi, organizzata dall’Ente Mostra. Appuntamento in Via Roma, Palazzo dell’artigianato, dalle ore 17.
Il brodo di cardone
Piatto natalizio per eccellenza in Abruzzo, la cui esecuzione elaborata e gli ingredienti numerosi e generosi ne evidenziano il carattere di pietanza delle feste, nella quale l’abbondanza, “la grascia” di antica memoria, aveva il compito di compensare la cucina povera di tutti i giorni, caratterizzata invece dalla scarsa manipolazione delle materie prime, dalla semplicità della preparazione e dall’esiguità degli ingredienti.
Il brodo di cardone è preparazione elaborata e accurata, mescolanza di diversi ingredienti, trionfo della sostanza e del grasso. E’ cibo corroborante e simboleggiava il desiderio di riempire lo stomaco, cibo della sensazione piuttosto che dell’emozione.
Innanzitutto c’è il brodo, che rappresenta consolazione, gratificazione, fine del dolore, e che ha proprietà galattogene: caldo e liquido sottintende la vita, la nascita, la salute.
Il brodo più pregiato era di tacchino, oggi è preferibile la gallina perché i tacchini moderni giganti e gonfi di mangime conferiscono al brodo un sapore poco gradevole. Meglio la la gallina, grassa, grossa e ruspante : il grasso in eccesso lo elimineremo poi dal brodo al quale avrà conferito sapore. Per fare un buon brodo sono necessarie ore di lenta sobbollitura che spremeranno tutti i succhi della carne.
Poi c’è la preparazione del “cardone”, normalmente eseguita la vigilia di Natale, avendo cura di scegliere cardi ben sbianchiti, asportando i fili e le parti dure. Quindi un buon macinato di vitello servirà per preparare le “pallottine”: il tutto, insieme ad una parte del lesso di gallina sfilacciato, sarà versato nel brodo, lasciato insaporire e legato alla fine con formaggio ed uova (“casce e ove”).
A questo punto bisogna mangiarne parecchio, due tre quattro piatti colmi, fino al punto in cui lo stomaco, teso e gonfio, non cominci a “far male”: ma forse gli stomaci odierni non sono più quelli di una volta, anche se il brodo di cardone è sempre lo stesso!
Gino Primavera
le ricette, gli approfondimenti e le storie su La Cucina della Maiella di Gino Primavera e Lucio Biancatelli (Orme-Tarka edizioni)